Introduzione
Assisi, 27 ottobre 2011. Sono circa le ore 17.30 e un mare di co-lori fluisce fuori dal portone della Basilica inferiore di san Francesco ad Assisi. Chi sono? Numerosi dei 300 rappresen-tanti delle religioni nel mondo sono appena scesi nella cripta della Basilica e hanno sostato brevemente di fronte alle spoglie del Poverello di Assisi, quasi a riconoscergli il merito di aver saputo farsi così umile da riuscire a parlare a tutti, uomini di ogni ceto, razza, orientamento ideologico. Ora anche a uomini di religione le più diverse e ai non credenti.
Il messaggio silenzioso che san Francesco ha semplicemen-te affidato a questi uomini religiosi è stato solamente una con-ferma di quanto essi avevano già solennemente proclamato: mai più violenza in nome della religione! "Mai più violenza, mai più guerra, mai più terrorismo. In nome di Dio ogni reli-gione porti sulla terra giustizia e pace, perdono e vita, amore" è stato infatti l’impegno che i 300 uomini religiosi da tutto il mondo hanno preso davanti al mondo mentre 27 colombe bianche prendevano il volo dal terrazzo dei Francescani Con-ventuali che si affaccia sulla piazza della Basilica di san Francesco.
Questa giornata ha segnato alcune importanti novità, si-gnificative per l’oggi e che sono scaturite dal genio di Bene-detto XVI. Anzitutto la presenza di quattro persone che si professano atee. Si tratta di uomini e donne di buona volontà e che, come ha detto il papa, non hanno ricevuto il dono della fede. Perché questa presenza? Benedetto XVI ha voluto, in qualche modo, creare un collegamento tra coloro che si rico-noscono in una qualche religione e il resto dell’umanità. A dire, probabilmente che possiamo sempre incontrarci e condividere se mettiamo al primo posto i valori della persona umana, il suo vero bene. L’uomo e la donna vengono infatti prima della fede. Questa può solamente aiutarli a diventare pienamente ciò che già sono, orientandoli verso l’Alto, verso Chi rappresenta il vero Bene, nella direzione dell’Amore.
Assisi è dunque stato ancora, nell’ottobre 2011, un luogo di pace nel senso più alto della parola, cioè un luogo dove gli uomini e le donne diversi tra loro, alle volte diversissimi si sono riconosciuti come fratelli e sorelle e insieme hanno chiesto ciò di cui vediamo il grande bisogno: la pace, appunto. Ma la vera pace ha bisogno della verità sulle persone, sugli Stati, sulle religioni stesse, nonché sulle corrispondenti culture, in cui spesso si annidano elementi non conformi alla verità sull’uomo, per cui divengono ostacolo allo sviluppo integrale dei popoli e alla pace .
La ricerca della verità è, inoltre, condizione per abbattere il fanatismo e il fondamentalismo, per i quali la pace si ottiene con l’imposizione agli altri delle proprie convinzioni – diceva il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson. La ricerca della verità pone anche certe esigenze fra cui il pellegrinaggio sem-bra occupare un posto privilegiato. Esso implica ascesa, puri-ficazione, convergenza verso un punto superiore, assunzione di un impegno comunitario. Solo così la verità ci fa più liberi e più capaci di essere, insieme, costruttori di pace.
Ancora oggi, come 25 anni fa, il mondo ha bisogno di pace. Ha bisogno che gli uomini e le donne sensibili ai valori religiosi ritrovino il gusto di camminare insieme e da qui l’importanza e attualità dell’incontro proposto da Benedetto XVI. All’incontro del 27 ottobre 2011 i rappresentanti delle di-verse religioni sono stati più numerosi degli altri anni, forse perché man mano che il mondo cresce, che sperimentiamo sofferenze nuove e insicurezze profonde, insieme a qualche gioia, è più facile riconoscere che abbiamo un disperato biso-gno di Dio, comunque lo identifichiamo e decidiamo di rap-portarci a lui. Il risveglio doloroso e vivo del nord Africa, in questi ultimi mesi e i primi tentativi di darsi un nuovo governo ci indicano una rinascita segnata dalla religione, un nuovo Islam, sembra, in questi paesi. Forse davvero tutti ci stiamo più facilmente accorgendo che senza Dio la vita è più difficile e che da soli non andiamo lontano. Assisi ci parla del sopran-naturale e della fraternità. La visita di molti dei rappresentanti delle religioni, insieme al papa, alla tomba di san Francesco e gli abbracci fraterni all’uscita dalla Basilica tra il primate della chiesa anglicana e il patriarca di Costantinopoli, come tra altri membri di diverse religioni è anche un segno nuovo e forte del desiderio di ascoltare i nostri maestri con umiltà e apertura di cuore e di aprirci all’accoglienza reciproca.
Il nostro libro vuole essere una continuazione storica ed in-tellettuale di questi grandi eventi di Assisi, vuole continuare l’esperienza di fraternità vissuta e sperimentata dal primo incontro nel 1986 fino al 2011. Ma questo libro vuole rivivere un sogno che continua e diviene sempre più realtà: ognuno insieme all’altro e non più uno contro l’altro. Assisi vuol dire ormai, da molto tempo, un momento nella storia. Per i cristiani Assisi vuol dire invito alla pace di cristo, incarnata nella vita di un uomo semplice e ricchissimo dentro, Francesco che ha saputo testimoniare con immensa forza la possibilità di vivere il vangelo. Per coloro che non credono in Gesù Cristo il messaggio non è molto diverso: questo piccolo grande uomo indica infatti la possibilità di realizzare un sogno.
Inoltre, però, Assisi – particolarmente gli eventi di pre-ghiera per la Pace che vi hanno avuto luogo - spinge a com-prendere la necessità di relazione con il mondo e la diversità. Questo è ricco perché viene da Dio, ricco di culture e credenze molto varie. Soprattutto il mondo di oggi definito come globa-le, uniforme, in un certo senso e insieme global village in cui è importante mantenere le particolarità di ognuno. Vista da chi crede, Assisi è un luogo altamente simbolico, dalla forte simbologia spirituale, perché san Francesco è l’uomo per Dio per eccellenza ma anche Assisi può essere vista come città del mondo post moderno, che non sa più vivere in modo così forte il rapporto con Dio e per questo non ha più pace e la cerca, in quanto l’uomo senza pace soffre.
I saggi che troviamo nel libro in qualche modo si inscrivono in questa dinamica del simbolo che Assisi è. Il testo del pro-fessor Buttiglione riflette sull’eredità francescana e la sua valenza nel contemporaneo; quelli del professor Massimo Borghesi riflettono sulla complessità del mondo di oggi se-gnato dal multiculturalismo uno, mentre l’altro propone al-cune possibilità di lettura del medesimo alla luce della fede e della ragione. La professoressa Demezzi evidenzia come per capire bene Francesco d’Assisi nelle sue relazioni con il mondo in cui ha vissuto bisogna comprendere il senso della preghie-ra, perché è attraverso la preghiera che egli ha acquisito tutto ciò che lo ha reso simbolo del dialogo e della pace. Infatti è poi la preghiera l’ermeneutica più autentica per capire il mondo e la sua complessità. Il professor Kijas poi approfondisce come Francesco comprenda l’importanza dello stupore, come egli si sia confrontato con le diverse varietà delle culture del suo tempo. Ed è in fondo dallo stupore che nasce il fascino nei confronti del reale che ci circonda, dalla meditazione su quan-to vediamo che scaturisce l’umiltà e nello stupore impariamo poi a presentare la complessità del mondo moderno a Dio, a Gesù Cristo che è via della salvezza.
La Redazione Roma, 16 aprile 2012
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